Conclusione della CP71 – L’Ascensione focalizza il nostro sguardo
I lavori della 71ª Congregazione dei Procuratori si sono conclusi domenica 21 maggio a mezzogiorno. I Procuratori hanno votato a maggioranza “non cogenda”, vale a dire che non deve essere convocata una Congregazione Generale.
Nel
pomeriggio, i membri si sono riuniti nella Basilica di Loyola, insieme ai
fedeli della regione, per celebrare una Messa di rendimento di grazie. La
musica e i canti riflettevano l’atmosfera di consolazione con cui si è concluso
quest’incontro così importante per l’orientamento della Compagnia di Gesù. Di
seguito riportiamo alcuni stralci dell’omelia pronunciata dal p. Arturo Sosa, Superiore
Generale della Compagnia, in quest’occasione.
È una felice coincidenza celebrare quest’Eucaristia di chiusura della 71ª Congregazione dei Procuratori della Compagnia di Gesù, qui nella Basilica di Loyola, nella solennità dell’Ascensione del Signore.
Come con gli apostoli, Gesù, il Crocifisso-Risorto, è stato a tavola con noi, facendoci da maestro, in questi giorni che alla fine sono stati pochi. Abbiamo condiviso la sua parola, il suo corpo e il suo sangue. Abbiamo riascoltato la sua chiamata a seguirlo e a convertirci al suo stile di vita povero e umile, come compagni della ‘minima Compagnia di Gesù’, per essere migliori collaboratori nella sua missione di riconciliazione.
L’Ascensione
del Crocifisso-Risorto è la fonte di consolazione che anche noi abbiamo
sperimentato. La tristezza per la sofferenza del crocifisso e il senso di
separazione diventano la gioia della fede che ci porta a riporre la nostra
speranza in colui che ha mandato Gesù a redimere il mondo e ora manda il suo
Spirito ai suoi discepoli. È il Padre, infatti, che conosce il modo e il tempo
per realizzare la piena riconciliazione di tutte le cose in Cristo. Spetta ai
suoi discepoli, come Gesù, compiere la Sua volontà in ogni luogo e in ogni
momento della storia.
Avendo ricevuto la missione, “mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava” (At 1,9-10). Immaginiamo per un momento i sentimenti e le mozioni che si agitavano nel petto e nella mente dei discepoli che si trovavano con la responsabilità di continuare una missione ben al di là delle loro forze, risorse e capacità... senza la presenza di Gesù, o meglio, senza la presenza a cui si erano abituati prima e dopo la Pasqua.
Forse proviamo qualcosa di simile mentre ci allontaniamo dall’esperienza consolante che abbiamo condiviso in questi giorni. Guardiamo il cielo, osservando le condizioni in cui abbiamo sperimentato la consolazione allontanarsi, e siamo assaliti dai dubbi sulla responsabilità che ci è stata data. Sentiamo di essere una ‘minima Compagnia’, senza numeri sufficienti, con scarse risorse, fragili, peccatori...
Luca continua il suo racconto dicendo che mentre erano così perplessi per tanta incertezza, “due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: ‘Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo’.”
È un forte richiamo alla fiducia in colui che ci ha chiamati a questo stile di vita. Egli non se n’è andato per sempre. L’ammonimento a guardare di nuovo al mondo con fiducia, a mettersi in cammino, confidando in colui che chiama, ricorda sicuramente ai suoi discepoli le parole conclusive del Vangelo di Matteo: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
Perciò,
con rinnovata fiducia e riponendo tutta la nostra speranza in Lui, andiamo nel
mondo ad annunciare senza paura la Gioiosa Notizia della possibilità certa della
riconciliazione con l’avvento del regno di giustizia, amore e pace.