Lezioni apprese dal sostegno al padre Stan Swamy

Con la collaborazione di Valeria Méndez de Vigo, Segretariato per la Giustizia Sociale e l’Ecologia - SJES

Passano i mesi e qualsiasi causa sociale, anche quelle più giuste, può essere dimenticata. Il gesuita indiano Stan Swamy è stato ingiustamente accusato di terrorismo in connessione con i gruppi maoisti. E questo perché era un sostenitore dei diritti dei gruppi tribali con cui lavorava. Gravemente malato, è deceduto mentre era detenuto da nove mesi in attesa di processo. La sua morte ha fatto indignare non solo i suoi amici e i suoi confratelli gesuiti, ma anche persone autorevoli nelle Nazioni Unite e il partito di opposizione del Congresso in India. Persino il primo ministro dello Stato di Jharkhand, dove lavorava il padre Swamy, si è opposto al suo arresto e alla sua incarcerazione e ha affermato che il governo dovrebbe essere ritenuto responsabile dell’apatia e della mancanza di cure per l’anziano gesuita.

Tra coloro che vogliono che non venga dimenticato l’impegno radicale del p. Stan si annovera il team del Segretariato per la Giustizia Sociale e l’Ecologia della Curia Generalizia della Compagnia di Gesù. Durante i mesi in cui il gesuita indiano è stato in prigione, il Segretariato ha sostenuto la sua causa e ha portato avanti una campagna per un giusto processo e per la sua liberazione. Mesi dopo la morte del p. Stan, Valeria Méndez de Vigo, coordinatrice della rete SJES, mantiene la fiamma accesa; insieme ai gesuiti dell’India, ha condotto l’analisi della campagna internazionale di sostegno messa in campo dalla Compagnia di Gesù. Quali sono le lezioni apprese da questa campagna? Queste riflessioni possono essere utilizzate per mantenere viva la memoria del p. Stan Swamy e per continuare a lottare contro situazioni di ingiustizia.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati da Cristianisme i Justicia, della Fondazione Lluis Espinal di Barcellona, un centro sociale della rete dei centri sociali europei della Compagnia di Gesù. L’articolo di Valeria Méndez inizia ricordando i fatti: l’impegno del padre Stan Swamy nella difesa dei diritti delle comunità indigene (adivasis) per oltre 40 anni. Arrestato e accusato ingiustamente l’8 ottobre, è stato immediatamente imprigionato a Mumbay. Tra l’ottobre del 2020 e maggio del 2021, la salute del p. Swamy è peggiorata. Egli ha contratto il COVID in prigione. Gli è stata negata la libertà su cauzione, sostenendo che le accuse contro di lui erano troppo gravi. I suoi compagni e gli amici hanno descritto la sua morte come un “assassinio istituzionale”.

L’articolo prosegue descrivendo il contesto attuale in India, un ambiente socio-politico caratterizzato dall’erosione della democrazia e dei diritti umani. Una situazione causata dalla deriva autoritaria dell’attuale governo. Qualsiasi dissenso politico è fortemente represso; i difensori dei diritti e i manifestanti sono etichettati come antinazionalisti.

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È in questo contesto che la Compagnia di Gesù in India, e in seguito a livello mondiale, ha lanciato una campagna di sensibilizzazione e sostegno alla causa del padre Stan e dei suoi compagni detenuti: mobilitazione, comunicazione e advocacy pubblica, coordinamento di riunioni di gruppi di difesa dei diritti a livello internazionale. Hanno partecipato istituzioni gesuite di tutti i continenti. Sono state organizzate molte azioni creative di protesta: raccolta di firme, canzoni e poesie, messe e veglie di preghiera, webinar, catene umane, lettere inviate alle ambasciate indiane in vari Paesi e persino manifestazioni davanti alle ambasciate. Sull’argomento sono stati pubblicati più di 1.370 articoli in India e quasi altri 200 nei media internazionali.

A cosa si è arrivati? Valeria Mendéz lo ammette: “Anche se la campagna ha contribuito alla sensibilizzazione sulla situazione del p. Stan Swamy e dei difensori dei diritti umani, oltre che sull’erosione della democrazia in India, anche se ha creato un movimento di solidarietà a livello mondiale, non è riuscita a ottenere il rilascio del padre Stan su cauzione. Che lezioni se ne traggono?

• In primo luogo, l’importanza della chiarezza in caso di ingiustizia e l’importanza di parlare con voce profetica. Stare con gli adivasis ha evidenziato l’appartenenza alla missione di “fede, giustizia e riconciliazione” della Compagnia di Gesù.

• L’importanza poi del processo di collaborazione in rete che ha permesso di avere un’influenza in molti Paesi e a livello di organismi internazionali.

• La necessità di un sostegno sia istituzionale che di base. La Curia Generalizia dei gesuiti e le autorità ecclesiastiche si sono espresse chiaramente. In India, la Conferenza dei gesuiti e migliaia di persone hanno mostrato la loro solidarietà con il padre Stan.

• Una tale campagna aumenta significativamente la capacità di advocacy e di comunicazione, il numero di contatti nei media tradizionali e sociali, e con i rappresentanti politici. Tutto questo è necessario per raggiungere una massa critica che possa avere un effetto reale.

• Di fronte al mancato raggiungimento dell’obiettivo concreto di rilasciare il padre Swamy su cauzione, bisogna constatare la necessità di sforzi ancora maggiori nella costruzione di rapporti a livello politico e nell’advocacy.

• Il lato positivo è che la campagna ha costruito un movimento a livello mondiale e un senso di solidarietà e giustizia, un arricchimento reciproco dei partecipanti, un senso di appartenenza. Le connessioni tra il livello locale, nazionale e internazionale hanno arricchito le istituzioni partecipanti.

L’articolo completo di Valeria Méndez de Vigo è disponibile sul sito web di Cristianisme i Justicia, in inglese o in spagnolo.

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Pubblicato da Communications Office - Editor in Curia Generalizia
Communications Office
L’Ufficio Comunicazione della Curia Generalizia pubblica notizie di interesse internazionale sul governo centrale della Compagnia di Gesù e sugli impegni dei gesuiti e dei loro partner. È anche responsabile delle relazioni con i media.

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