Spiritualità ignaziana e Sinodalità: due “presupposti”
Di David McCallum SJ, Direttore esecutivo del Programma di “Leadership Discernente”
Il 9 ottobre inizia il viaggio “Per una Chiesa sinodale”, un processo biennale di impegno deliberato, riflessione e discernimento per tutta la Chiesa Cattolica che si pone la domanda: “Come siamo chiamati dallo Spirito Santo ad essere Chiesa nel terzo millennio?”
Poiché le congregazioni e le associazioni religiose sono invitate a partecipare attivamente a questo processo di ascolto e discernimento, potremmo chiederci che rapporto ci sia tra la tradizione della spiritualità ignaziana e questa chiamata alla sinodalità, e con quali risorse la prima possa contribuire a questo processo. In verità, ci sono molti modi in cui potremmo vedere connessioni significative tra la spiritualità ignaziana e la “maniera di procedere” sinodale, ma qui ci sono solo due di quelli che potremmo chiamare presupposti, degli orientamenti intenzionali che possiamo praticare mentre iniziamo questo viaggio insieme.
Prima di tutto, la spiritualità ignaziana ci invita a considerare dove noi, individualmente e collettivamente, troviamo la presenza di Dio nella nostra esperienza, che senso diamo a questa presenza, e come siamo chiamati a vivere, amare e lavorare come risultante. Se per esempio pensiamo all’Examen, cominciamo con il prendere coscienza che Dio è con noi, ci osserva e ci ama incondizionatamente.
Il
processo sinodale ci chiede di fare lo stesso, in modo che quando cominciamo a
impegnarci gli uni con gli altri ad ascoltare le reciproche esperienze di
partecipazione, comunione e missione nella Chiesa, lo facciamo consapevoli che
Dio è in mezzo a noi, ci ama e lavora anche nelle tensioni, nelle
contrapposizioni e nei conflitti che sperimentiamo come Chiesa. Per entrare in
questa conversazione come comunità ecclesiale, che sia in una parrocchia, in un
gruppo di condivisione di fede o in una comunità religiosa, lo facciamo non
solo in uno spirito di dialogo, ma di “trialogo”. Quando ci riuniamo, non siamo
solo io e te, ma c’è anche Dio che si riunisce con noi, ci sostiene e ci
ispira. Consapevoli di questo, siamo chiamati ad ascoltare le reciproche
esperienze di ciò che significa essere cattolici oggi, e ad ascoltare ciò che
Dio ci sta dicendo non solo nella nostra esperienza diretta, ma anche
attraverso gli altri. Questo è il
presupposto n. 1.
Poiché la prima fase del processo sinodale riguarda principalmente la riflessione sulla nostra esperienza e l’ascolto degli altri, c’è un secondo elemento della spiritualità ignaziana che penso sia particolarmente rilevante per noi ora, in questi tempi così pieni di contrapposizioni, e in cui le persone sembrano trovare così difficile ascoltare davvero chi ha punti di vista diversi. Quando Ignazio elaborava le sue raccomandazioni sul modo in cui una guida spirituale ignaziana e la persona che fa gli Esercizi Spirituali dovrebbero relazionarsi l’uno con l’altro, sottolineava un orientamento positivo, fiducioso e riconoscente.
Questo presupposto suggeriva di dare alla persona che parla quello che potremmo chiamare “il beneficio del dubbio”, dando la migliore interpretazione a ciò che sta dicendo e al perché lo sta dicendo. Potremmo definirla una sorta di “indagine di apprezzamento” che resiste alle reazioni o ai giudizi frettolosi, ma rimane positiva, aperta e curiosa per un tempo ragionevole. Se per caso non siamo d’accordo o non troviamo valido ciò che è stato detto, Ignazio raccomanda di chiedere cosa intende l’altra persona e come comprende la propria intenzione. Se poi sappiamo per certo, non solo in virtù della nostra opinione o preferenza, che l’altra persona è in errore, dovremmo correggerla, ma in uno spirito d’amore. Ignazio continua dicendo che se questo non è sufficiente a spostare la prospettiva dell’altra persona, “si dovrebbe cercare ogni mezzo appropriato mediante il quale, comprendendo l’affermazione in maniera gentile, si possa salvare.” Questo è il presupposto n. 2. Che contrasto con ciò a cui assistiamo nella società in generale e sui social media!
Credo
che lo spirito con cui ascoltiamo l’esperienza degli altri determinerà se siamo
in grado o meno di discernere come lo Spirito Santo sia presente in storie e
prospettive diverse dalle nostre. Senza questa disponibilità ad ascoltarci
profondamente l’un l’altro, specialmente quelli che si sentono emarginati o
alienati dalla Chiesa, non adempiremo a questa chiamata alla sinodalità. Ma se
in uno spirito di vulnerabilità e coraggio, entriamo in questo processo liberi
dalla paura, dall’attaccamento e dall’eccessiva parzialità, discerneremo
insieme quale futuro Dio desidera realizzare attraverso di noi.