Percorsi di conversione verso la vita religiosa
Jesús de León, SJ - Maestro dei Novizi, Provincia
delle Antille
[Da “Gesuiti 2021 - La Compagnia di Gesù nel mondo”]
Che percorso è necessario, al giorno d’oggi perché i giovani prendano in considerazione la vita religiosa? Esiste un bisogno di conversione? In che senso?
Il tipo di conversione che attualmente porta i nostri giovani a considerare la vita religiosa come opzione, esige che la pastorale vocazionale debba rivalutare e riconsiderare nuove proposte di promozione delle vocazioni. Le nostre scuole, le nostre parrocchie e le famiglie tradizionalmente cattoliche, anche se non smettono di essere uno spazio sicuro, non sono, ormai, l’unico ambiente in cui un giovane può prendere in considerazione la possibilità della vocazione religiosa. L.E. rinforza quest’idea quando parla della sua esperienza personale di conversione: “Sono nato in una famiglia cattolica, con l’abitudine di andare a messa. Non posso negare l’importanza che avevano per me l’Eucarestia in famiglia, il catechismo ed il discorso di Dio nella predicazione dei consacrati. Eppure, quando pensavo alla possibilità della vocazione nella mia vita, sentivo che questa consuetudine e quei discorsi non avevano radicato la mia vita in Dio quanto la testimonianza di una religiosa che conobbi in una residenza della terza età”.
Potremmo dire, con L.E., che esiste un’esperienza che
sfugge agli ambienti tradizionalmente sicuri, che è la testimonianza, ma che ci
cattura nell’esperienza di fede. La testimonianza è il residuo di certezza più
forte che ci rimane per mostrare Dio ai giovani. La testimonianza è il modo in
cui il discorso non sembra avulso dalla realtà.
M.A. viveva in un quartiere popolare nella città di Santo Domingo, era stato educato in scuole pubbliche e lavorava in modo irregolare. Un amico lo invitò a vedere un film su Gesù e quello fu il suo primo contatto con le comunità giovanili della parrocchia dove cominciò il processo di “Formazione Ignaziana per i Giovani delle Antille” (FIJA). Tale processo lo spinse a pensare alla vocazione religiosa e, più tardi, ad entrare nel noviziato.
Potremmo dire altrettanto di M.E.: era un giovane professionista, lavorava come ingegnere in una ditta statale. Su invito di sua sorella decide di farsi battezzare a 25 anni e, durante la preparazione al Battesimo, viene invitato a prendere parte ai Campi Magis che organizzano la pastorale giovanile della Provincia delle Antille. “Questo campo è stato decisivo, perché lì è cominciato un processo vocazionale che mi ha spinto a decidere di entrare nella Compagnia”.
Queste esperienze, insieme ad altre che abbiamo attualmente nel noviziato, ci portano a valutare una proposta attuale di pastorale vocazionale nella quale i giovani possano decifrare a partire dal proprio orizzonte di significato ciò che proponiamo attraverso il nostro modo di viverlo. Un’altra proposta, spingendoci un po’ oltre, potrebbe essere quella di far scoprire ai giovani, in qualche maniera, nel nostro modo di vivere, quello di Cristo. La coerenza fra progetto e stile di vita ha forza, agli occhi dei giovani, li sfida e con maggiori probabilità suscita il loro interesse per una scelta radicale di vita.
Quali sono le proposte di pastorale vocazionale che
potrebbero garantire percorsi di conversione per i giovani d’oggi?
Per garantire percorsi di conversione da qualunque proposta vocazionale, prima di tutto bisogna garantire spazi comunitari nelle nostre opere, nelle quali i giovani possano prendere in considerazione il piano di Dio per le loro vite e dove crescano la fede e l’inserimento nella comunità cristiana. Ma è anche necessario tracciare le linee basilari di uno stile di vita nel quale i nostri giovani possano trovare dei referenti che facilitino loro la possibilità di essere coinvolti fino in fondo, sia offrendosi come “persone ragionevoli e di buon senso” (ES, 96) che come “offerta di maggiore valore e di maggiore importanza” (ES, 97).
Una proposta vocazionale per questi tempi deve contare su un gruppo di lavoro che la elabori in modo che i giovani trovino qualcosa di alternativo a una strategia di mercato che considera la congregazione una garanzia di “felicità” e di “successo” per chi “compri” il prodotto. Dobbiamo elaborare una proposta che mostri chiaramente ai giovani i bisogni del mondo e la sfida che il mondo stesso lancia loro affinché, a partire dalla loro fede, facciano qualcosa per lui (ES, 107).
Occorre considerare un piano di pastorale giovanile
nel contesto della nostra Chiesa universale che garantisca ai giovani la scelta
di uno stato di vita cristiana in chiave vocazionale. Viviamo in tempi di reti
e, quindi, diventa facile e necessario condividere la proposta con altre
congregazioni, istituti di vita consacrata e diverse diocesi. Si può cominciare
condividendo esperienze di Dio che abbiano fondamenti spirituali, come lo sono
la Parola di Dio, le celebrazioni liturgiche, i programmi di evangelizzazione,
le comunità fraterne, ecc., che possono diventare segni che parlano in
profondità al cuore dei giovani per far capire loro, con maggiore chiarezza, la
chiamata del Re Eterno a collocarsi sotto la Sua bandiera con la più grande
generosità.