La Rete africana dei gesuiti contro l’AIDS in tempo di COVID-19
Di Ismael Matambura SJ, AJAN Direttore
La Giornata mondiale contro l'AIDS è un giorno importante che aiuta tutti noi a riflettere sulla devastazione che questa malattia ha causato all'umanità dalla sua nascita. Secondo l'UNAIDS, oltre 75,7 milioni di persone sono state infettate dal virus dal 1981, e oltre 32 milioni di persone hanno perso la vita per malattie legate all'AIDS. È un giorno per ricordare coloro che sono stati infettati e colpiti dalla malattia in tutto il mondo, e per riflettere sugli sforzi che tutti noi stiamo facendo e su cosa possiamo fare per fermare la malattia. Rimane un grande killer, nonostante i numerosi progressi ottenuti finora.
Il segretariato della Rete africana dei gesuiti contro l'AIDS - AJAN (African Jesuit AIDS Network) coordina gli sforzi dei centri gesuiti in Africa che sono coinvolti nella lotta quotidiana contro l'HIV e l'AIDS. Si occupa anche di pubblicazioni, mobilitazione delle risorse, advocacy e sviluppo di programmi.
AJAN ritiene che la diffusione dell'HIV abbia a che
fare anche con il comportamento. Non si può combattere l'HIV senza lavorare sul
cambiamento dei comportamenti, rivolgendosi ai giovani, che rimangono
vulnerabili. A questo proposito, il programma principale di AJAN oggi è il
Programma di prevenzione dell'HIV e dell'AIDS per i giovani (AHAPPY generation). In esso, ci
rivolgiamo ai giovani di età compresa tra i 10 e i 24 anni. Questo programma è
stampato nel manuale AHAPPY, frutto di un lavoro e di un processo di
collaborazione iniziato nel 2011, che ha riunito gesuiti, giovani africani e
collaboratori. Promuove ed educa a valori ispirati alla spiritualità ignaziana,
ai valori cristiani e tradizionali. Tutto questo per favorire lo sviluppo dei
giovani come esseri umani completi, utili a sé stessi e alla società.
Le nuove sfide portate dal COVID-19, che si aggiungono al problema dell'HIV e dell'AIDS
Durante la pandemia di COVID-19, AJAN non è stato in
grado di tenere corsi di formazione in presenza, a causa dell'isolamento e del
divieto di raduni da parte dei governi di ogni parte dell'Africa. Tra i passi
che abbiamo fatto c'è stata una formazione virtuale a luglio, dove abbiamo
attinto all'esperienza e alla competenza di due esperti di lavoro sociale per
aiutare a migliorare le capacità e le conoscenze nella lotta contro l'HIV e
l'AIDS, e il COVID-19. La formazione “Community
empowerment during COVID-19 and beyond” (Rafforzamento della comunità
durante il COVID-19 e oltre), di cui hanno beneficiato i membri della rete, si
è concentrata sulla necessità di ampliare le proprie conoscenze e comprendere le
attitudini e le pratiche necessarie per la realizzazione dei progetti. Ha
inoltre preparato i gesuiti e i collaboratori a comprendere e a servire meglio
le persone vulnerabili, fornendo loro nuovi approcci, competenze e strategie.
Un aspetto chiave è stato quello di iniziare a comprendere le cause alla radice
di un problema prima di tutto, e poi di guidare la comunità a formulare una
soluzione, senza dettarla a priori.
La storia di Evelyn Nyakoa incarna un'ulteriore fatica per le persone che vivono con l'HIV
L’emergere del COVID-19 ha complicato ulteriormente la vita delle persone che stanno vivendo con l'HIV in Africa. Oltre a essere tra le persone considerate più vulnerabili al nuovo coronavirus a livello di salute, sono state colpite negativamente anche dal punto di vista economico. Nei mesi di marzo e aprile di quest'anno, AJAN è stato coinvolto in un intervento denominato #WalkwithaVulnerableFamily che ha raggiunto le famiglie che avevano bisogno di cibo e di altri prodotti come sapone e disinfettanti. Attraverso centri sociali come il St. Aloysius Gonzaga e la parrocchia St. Joseph the worker, ci siamo assicurati che le famiglie avessero almeno qualcosa da mangiare per qualche giorno. Il 22 maggio, dopo una distribuzione di cibo a un gruppo di donne della parrocchia di St. Joseph the worker a Kangemi, a Nairobi, un’équipe di AJAN ha trascorso il resto della giornata con Evelyn Nyakoa. Vivendo con l'HIV e affrontando coraggiosamente la sfida di mantenere una famiglia, ha raccontato quella che è una storia comune di fronte al COVID-19. Evelyn, anche lei assistente sociale, ha dato una testimonianza in prima persona delle sfide che i sieropositivi poveri e le loro famiglie hanno dovuto affrontare prima della pandemia e dell'aggravarsi della loro miseria dopo il suo arrivo. Lavori occasionali, come il lavoro di lavanderia porta a porta e piccole attività commerciali come la vendita di prodotti, sono stati vanificati dall'imposizione dei lockdown e dalle restrizioni di movimento in Kenya. Anche trovare cibo è diventato difficile.
Durante questo periodo di COVID-19, il team di AJAN ha
anche svolto indagini, ha lanciato un'applicazione mobile per il programma AHAPPY generation ed è stato in grado di
riprendere la formazione in loco di insegnanti e studenti in diverse scuole
secondarie ed elementari.
[Fotografie di Darrin Zammit Lupi, Bob-Maurice Odour e AJAN]